Il ruolo dei Caregiver nella gestione dei pazienti con disturbo neurocognitivo
I Disturbi neurocognitivi : Il costante innalzamento dell’età media determina la maggiore incidenza delle patologie neurodegenerative tipiche dell’invecchiamento (demenze), che compromettono le capacità di attenzione, concentrazione, memoria, ragionamento, calcolo, logica, orientamento, con ripercussioni sull’individuo e sulla sua famiglia. Fino a qualche decennio fa la demenza conclamata era considerata una condizione senza ritorno ma, con il procedere delle ricerche sul SNC e in ambito neuropsicologico, si è avuta una maggiore conoscenza delle caratteristiche di questa patologia, una migliore differenziazione delle sue forme e, di conseguenza, un approccio di tipo terapeutico. Con “disturbo neurocognitivo” si intende una disfunzione cronica, progressiva e generalmente irreversibile delle funzioni del Sistema Nervoso Centrale, il cui risultato si manifesta con un complesso declino cognitivo, generalmente accompagnato da disturbi dell’umore, del comportamento e della personalità. In questo gruppo eterogeneo, la malattia di Alzheimer, rappresenta la più conosciuta e la più frequente, con il 55-60% dei casi. Secondo le stime più recenti ,a livello mondiale si riscontrano circa 18 milioni di persone affette da Alzheimer, di cui 700.000 in Italia. Tra i disturbi neurocognitivi sono presenti: la demenza vascolare, la demenza a corpi di Lewy e la demenza fronto-temporale. I disturbi neurocognitivi possono inoltre manifestarsi in persone che hanno un’età minore di 65 anni.
Anche avvalendosi delle migliori terapie disponibili, assicurare un supporto ottimale al malato non è mai facile, perché il progressivo declino cognitivo, con il tempo, determina una condizione di seria invalidità, nella maggior parte dei casi complicata da disturbi comportamentali che possono rendere particolarmente problematica e frustrante l'interazione con il paziente. Alcuni accorgimenti, tuttavia, possono facilitare il compito del caregiver, contribuendo anche a migliorare il benessere generale del malato.
Riorganizzazione degli spazi domestici
Sul piano pratico, un primo aspetto da considerare riguarda le caratteristiche dell'abitazione, che deve essere resa il più possibile sicura e organizzata in modo tale da ottimizzare l'autonomia residua dell'anziano. In particolare, si devono eliminare tutti gli ingombri, gli oggetti e le situazioni che possono facilitare il rischio di caduta o trauma (dai tappeti non fissati ai fili liberi che attraversano il pavimento), dotando invece i diversi spazi di dispositivi di supporto specifici. I mobili vanno posizionati in modo che possano facilitare i movimenti e offrire un appoggio sicuro; in bagno e lungo le scale vanno applicate maniglie e corrimano alle pareti e dispositivi antiscivolo nella vasca, sul pavimento e sui gradini; sedie, poltrone e divani devo essere stabili, non troppo bassi e privi di cuscini che possano scivolare e facilitare cadute.
Cambiamenti da evitare
Un secondo punto da ricordare è che l'anziano affetto da demenza soffre di ogni cambiamento di luogo e abitudini. Per evitare inutili stress e traumi, quindi, si dovrebbe cercare di lasciarlo il più possibile in un ambiente che gli sia familiare, riconoscibile e noto, nel quale sia facile memorizzare la collocazione degli oggetti e le attività quotidiane possano seguire percorsi consolidati. Se sono più persone a farsi carico dell'assistenza (ad es., i figli a turno), dovrebbero essere loro a spostarsi per stare vicino al malato mentre egli continua a vivere nella stessa abitazione. Anche i trasferimenti associati alle vacanze sono preferibilmente da evitare perché impongono all'anziano la permanenza in un contesto estraneo che ne stravolge completamente l'orientamento spazio-temporale, con effetti negativi che si ripercuotono sulla sua funzionalità anche dopo il ritorno al domicilio abituale.
L'importanza del movimento
Da promuovere e assecondare è, invece, l'attività fisica, che il paziente deve essere aiutato a svolgere con modalità e ritmi compatibili con le proprie condizioni cliniche generali, ma in modo costante e quotidiano. Non serve chiedergli di compiere grandi sforzi: semplici passeggiate all'aria aperta, una al mattino e una al pomeriggio, sono perfette per tutelare il tono muscolare, migliorare la mobilità articolare e l'equilibrio, aumentare l'appetito e contrastare la stitichezza, nonché per scaricare la tensione e l'aggressività che spesso caratterizzano questi malati e migliorare l'orientamento nell'area circostante la casa. Il movimento dell'anziano è prezioso anche per chi lo assiste perché facilita il riposo notturno ed evita a chi gli dorme accanto continui risvegli o intere notti insonni. In questo modo, si promuove anche la sua permanenza più prolungata al domicilio perché, spesso, sono proprio i disturbi del sonno tipici della malattia di Alzheimer che, incidendo pesantemente sulla qualità di vita dei familiari, portano a optare per il ricovero in strutture di lungodegenza.
Per un'interazione efficace
Sul fronte della comunicazione con l'anziano con demenza, è, invece, importante essere pazienti, gentili e "accoglienti", ricordando che le sue eventuali reazioni negative dipendono dalla malattia e non da una reale ostilità o scarsa considerazione per chi ha di fronte. Per interagire produttivamente e farsi capire si deve parlare lentamente, con calma, con un tono di voce chiaro e pacato; non si devono pretendere risposte rapide e precise e non ci si deve innervosire se la persona sembra non ascoltare o pensare ad altro. È fondamentale usare parole semplici e frasi brevi e dirette, evitando perifrasi, modi di dire, metafore, costruzioni retoriche, che l'anziano faticherebbe a seguire. Mentre si parla, inoltre, bisogna guardarlo negli occhi, accompagnando il discorso con una gestualità che aiuti la comprensione. I concetti espressi devono essere il più possibile affermativi, evitando frasi con negazioni o doppie negazioni che tendono a generare confusione. Dopo avergli posto una domanda, gli si deve lasciare il tempo di rispondere, senza subentrare con un secondo quesito o proseguire il discorso per riempire il silenzio.
A tutela di chi assiste
Per quanto possa sembrare difficile, in termini sia pratici sia psicologici, chi si occupa dell'assistenza a un anziano con demenza non deve dimenticare di ritagliare periodici spazi per se stesso, concedendosi momenti in cui potersi dedicare ad attività piacevoli, possibilmente insieme ad altre persone. Non è una scelta egoista e non ci si deve sentire in colpa per aver temporaneamente abbandonato il proprio ruolo di caregiver, affidandolo ad altri. Si tratta di una strategia indispensabile per ricaricare le energie fisiche e mentali ed evitare di andare incontro a fenomeni di esaurimento psicoemotivo (burn out), dannosi non soltanto per chi li vive, ma anche per il malato di cui devono occuparsi.
la trattazione sulle demenze riportata in questa sezione è di tipo divulgativo e ha il solo scopo di fornire informazioni di carattere generale per un pubblico di non addetti ai lavori.
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